di Emanuele Botta

"Ma la finisci di dirmi cosa fare?! Che sei mio padre?"

"Quando fai queste ripicche sei veramente un bambino..!"

"Non vorrei, ma questa ora è la scelta più adulta che posso fare data la situazione"

Genitore, Adulto e Bambino: con questi termini noi siamo abituati a considerare tre stadi di sviluppo o anche ruoli differenti che una persona può rivestire nel corso della sua vita. Sono tre parole familiari che, proprio per la loro facile comprensione, attorno alla metà del 900 uno psicoanalista, Eric Berne, decise di utilizzarle per definire i così detti Stati dell’Io. 

Vi sarà forse capitato di sentir parlare di Es, Io e Super-Io, erano le tre componenti della psiche dell’uomo secondo Freud, o più propriamente dette „istanze intrapsichiche”. Berne ritenne che questi termini della psicoanalisi, e in generale il linguaggio adottato dagli psicoanalisti, fosse inaccessibile a chiunque non fosse tecnicamente preparato, mentre ogni persona aveva tutto il diritto di comprendere cosa il proprio psicoterapeuta diceva quando parlava.

Rielaborando il modello psicoanalitico e modificandolo profondamente sia nella forma che nella sostanza, Berne strutturò e teorizzò l’Analisi Transazionale (AT). L’AT, a differenza del modello psicoanalitico, spostava la sua attenzione sulle relazioni e la comunicazione che avviene tra due individui, comunicazione le cui unità più piccole che la compongono vengono dette „transazioni” (come i tasselli per un mosaico). Inoltre, l’uomo non era più vittima del suo inconscio e da esso determinato, ma tutto nasceva invece da una scelta, scelta che così come è stata presa, può essere anche cambiata, ma questo è un concetto che approfondiremo più in là.

Dunque, cosa sono gli Stati dell’Io (SdI) che coniò Berne? Sono quell’insieme di pensieri, emozioni e comportamenti che, a seconda di come e quando sono stati acquisiti e sviluppati, possono configurarsi come Genitore, Adulto o Bambino (modello „G.A.B.”). 

Dando una definizione più specifica di questi tre SdI, possiamo vederli, come Berne li propone, nel seguente schema:

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 Lo SdI Genitore si struttura sulla base di pensieri, emozioni e comportamenti che abbiamo osservato e imparato dalle principali figure di riferimento che hanno avuto cura di noi nelle nostre prime fasi di sviluppo.

 

  

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 Lo SdI Adulto si struttura sulla base di pensieri, emozioni e comportamenti che si manifestano in funzione di ciò che stiamo vivendo „Qui ed Ora”; dipende quindi primariamente dal contesto presente e tiene conto del dato di realtà esterno.

 

 

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 Lo SdI Bambino si struttura sulla base di pensieri, emozioni e comportamenti che si manifestavano nelle nostre prime fasi di sviluppo, ossia la nostra infanzia; possiamo associarlo alla „genuinità” e custodisce quell’insieme di stati emotivi spontanei che abbiamo provato quando eravamo bambini: felicità, tristezze, paure.

 

   

Sulla base già di questa prima distinzione è possibile provare a riflettere un po’ alle varie situazioni in cui ci troviamo quando ci relazioniamo in diversi contesti della nostra vita, e vedere se c’è qualcosa che ci ritorna rispetto a questa divisione. Possiamo provare a chiederci in quel momento in cui ho reagito o mi sono posto in un certo modo: "In che Stato dell’Io ero?". Osservandoci ci ricordiamo qualcuno? Abbiamo agito di completo impulso come quando eravamo piccoli? O siamo rimasti presenti nel momento e abbiamo reagito in modo rispondente alla situazione?

Gli SdI possono essere ulteriormente specificati, poiché di per sé non hanno una connotazione negativa del tipo „o sono adulto o non va bene”. Il tutto dipende molto dal tipo di affettività o emozione che guida i nostri comportamenti.

Questo vuol dire che lo SdI Genitore può essere ad esempio di due tipi: 

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Genitore Normativo (GN): quando improntato prettamente al controllo anche a discapito della parte affettiva. Prevale una funzione critica, dominante, esigente ed improntata al controllo; genera ansia, paura, rabbia e spesso è guidato da queste stesse emozioni.

 

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Genitore Affettivo (GA): quando invece protettivo, rassicurante, offre linee guida tutelanti e mai sottomettenti o svalutanti. Genera sicurezza, senso di accudimento, sensazioni di piacere o emozioni correlate a forme di felicità.

 

 

Credo sia possibile semplificare una ulteriore distinzione tra questi due SdI distinguendo le norme che un genitore tende a dare ai propri figli, distinguendole a loro volta in due categorie:

  1. Le regole date dai genitori ai figli per il bene dei figli
  2. Le regole date dai genitori ai figli per il bene dei genitori

Tutto ciò a mio avviso non viene quasi mai fatto consapevolmente e in mala fede, tutt’altro, ma se come genitori o figure di riferimento ci fermiamo a pensare a questa semplice distinzione, che può sembrare un gioco di parole, ci è possibile forse capire un po’ meglio chi stiamo tenendo da conto mentre diamo indicazioni di comportamento, e quindi di vita: noi o loro? 

GAB analisitransazionale

Indubbiamente ciò non vuol dire che un genitore debba annichilirsi e vivere la propria vita in esclusiva funzione del figlio, sarebbe altrettanto disfunzionale e si darebbe vita a bambini sempiterni e totalmente disadattati e incapaci di tollerare anche la benché minima frustrazione. Tuttavia, poiché "è la somma che fa il totale", può essere utile porci questa domanda quanto meno per capire dove pende il nostro piatto della bilancia e, in caso, apportare alcune modifiche. Del resto, come sempre, non è mai questione di cosa viene fatto, ma di come e quando.

Allo stesso modo anche lo SdI Bambino può essere di due tipi:

Schermata 2018-06-15 alle 16.36.51.pngBambino Adattato (BA): quando il bambino si comporta tenendo in considerazione primariamente lo sguardo del genitore come punto di riferimento per comportarsi; tende a compiacere e a controllarsi molto per evitare di eludere norme e deludere aspettative. 

 

Schermata 2018-06-15 alle 16.36.57.pngBambino Libero (BL): quando il bambino si muove spontaneamente seguendo il proprio stato emotivo; il bambino gioca fluendo con il gioco stesso non preoccupandosi del giudizio dei genitori.

 

 

Anche qui, pensando a come eravamo da piccoli, a come siamo adesso, ma soprattutto osservando attentamente il comportamento di chi accudiamo (quanto spesso ci guarda, quanto spesso si blocca, quanto spesso ci chiede il permesso), possiamo avere degli indici importanti per comprendere i reali effetti dei nostri atteggiamenti e, al contempo vedere con più chiarezza i nostri stessi comportamenti.

Anche in questo caso è una questione di equilibrio, un Bambino Libero estremo può divenire Ribelle ma, anche in quella circostanza di apparente estrema non curanza, sarà possibile cogliere come la preoccupazione primaria di un bambino ribelle sarà comunque la presenza dello sguardo del genitore. 

In parole povere credo si possa dire che il Bambino Adattato lo sguardo del genitore lo monitora poiché lo dà per scontato, il Bambino Ribelle lo sguardo del genitore lo agogna perché teme di non riceverlo.

Autore

Emanuele Botta

Psicologo clinico e Psicoterapeuta specializzato in analisi Transazionale Socio-cognitiva. Specializzato nel metodo scientifico di Paul Ekman di analisi del comportamento emotivo e di valutazione della credibilità presso la Paul Ekman International, applica l’analisi comportamentale in ambito clinico-terapeutico e aziendale per la gestione dei conflitti e l’analisi dei comportamenti nelle relazioni. Svolge attività formativa allo scopo di aumentare la consapevolezza personale e la capacità empatica, componenti essenziali per una società funzionale ed emotivamente intelligente.