Di Emanuele Botta

Questo argomento rappresenta a mio avviso un tema molto particolare, poiché è al contempo estremamente delicato ma anche molto di moda; probabilmente trattare questo tema è la moda più antica del mondo, antica quanto la relazione stessa tra uomo e donna, e il rischio di banalizzazione o di trasmissione di falsi miti è grande. 

Una ricetta precisa sul come far funzionare i rapporti nessuno l’ha ancora trovata e non è detto che esista, partendo dal fatto che ogni rapporto si compone di due individui unici, va da sé che anche ogni rapporto è unico e come tale va trattato. Potremmo parlare del concetto di “rapporto sano”, ma apriremmo un dibattito molto lungo sul concetto di “sanità” o “normalità” in cui più di qualcuno potrebbe ingiustamente rischiare di sentirsi non compreso o giudicato. 

Per questo motivo, poiché l’obiettivo di questo blog è fare divulgazione di carattere scientifico, credo possa essere interessante riportare gli esiti di una serie di ricerche e studi del Professor John Mordechai Gottman

Professore emerito all’Università di Washington, J. Gottman è laureato sia in matematica che psicologia, branca in cui ha svolto il dottorato di ricerca e più di 40 pubblicazioni, focalizzate sul funzionamento delle coppie e del matrimonio. Con la moglie, la Dr.ssa Julie Schwartz Gottman, ha fondato il Gottman Institute, per consulenze e terapie di coppia e training qualificanti per il metodo Gottman di trattamento delle coppie. L’applicazione originale di modelli e metodologie matematiche all’analisi e alle ricerche effettuate sulle coppie ha dato risultati estremamente solidi, non solo sui fattori in grado di predire la rottura di una relazione (predizione corretta nel 93% dei casi), ma anche sui fattori di recupero dei rapporti di coppia che permettono la ricostituzione di un rapporto. 

Da notare che il metodo di analisi usato per lo studio dei comportamenti delle coppie si basava, per le espressioni facciali, sugli studi del prof. Ekman (per chi volesse approfondire, può andare a leggere l’articolo LE 7 EMOZIONI PRIMARIE: guardarci in volto per sopravvivere insieme, sempre su questo blog). 

Tali scoperte non solo gli sono valsi numerosi riconoscimenti dalle maggiori istituzioni mondiali di psicologia, psichiatria e psicoterapia familiare, ma è stato anche riconosciuto nel 2007, in un articolo di Rich Simon per lo Psychotherapy Networker (uno dei più grandi e accreditati network di pubblicazioni di psicoterapia del mondo), come uno dei dieci psicoterapeuti più influenti degli ultimi 25 anni. 

Venendo ora al dunque: quali sono i fattori che predicono quindi la rottura di una coppia? 

Ne sono stati identificati 4 in tutto, anche detti ironicamente “i 4 Cavalieri dell’Apocalisse” e sono i seguenti: 

  • CRITICISMOAttaccare verbalmente la personalità o il carattere del partner. 

  • DIFENSIVISMOVedersi esclusivamente come una vittima che tenta di difendersi dagli attacchi che percepisce dal partner e rigirargli contro la colpa. 

  • DISPREZZOAttaccare l’immagine che il partner ha di sè con l’intenzione di insultarlo o agire una forma di abuso psicologico.

  • ASSERRAGLIAMENTORitirarsi dalla relazione per evitare il conflitto allo scopo di trasmettere disapprovazione (in modo passivo-aggressivo), distanza e separazione. 

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Se uno o più di questi 4 “cavalieri” è presente recidivamente nei confronti e nelle discussioni che avete con il vostro partner, il vostro rapporto è seriamente a rischio e, se non si inizia a prendere questi segnali seriamente e a lavorare per sostituirli con comportamenti più funzionali, la durata residua della coppia stimata da Gottman è di circa 4 anni. 

Ora, se quelli sopra-riportati sono i “4 Cavalieri della Separazione”, quali sono i “4 Cavalieri della Riconciliazione”? 

Sono stati identificati i seguenti 4 comportamenti positivi antitetici, ossia opposti ai precedenti, in grado di sovvertire l’andamento distruttivo della coppia: 

  • ACCOGLIENZAAvviare i confronti in modo rispettoso e gentile con il partner parlando di sé ed esprimendo bisogni positivi. 

    È importante imparare a parlare il linguaggio dell’ “Io”: “io sento…”, “io penso…” “io provo…”, “io credo…” “io sono…”, ecc. e non parlare il “Tu”: “tu pensi/senti/credi/sei…”ecc. Non possiamo mai essere certi al 100% di cosa prova l’altro, ma possiamo essere certi di cosa proviamo noi e metterlo in gioco esprimendo il reale bisogno positivo che vi è dietro. Se l’obiettivo con cui avviamo una conversazione è avere ragione, quello serve a stare bene con se stessi e non con l’altro, possiamo farlo davanti a uno specchio con un monologo o scrivendoci una lettera. Se l’obiettivo di avvio di uno scambio è sfogarci, può essere utile ricordare che l’altro è una persona che ci ama, ma non per questo è una discarica a nostra disposizione. 

  • RESPONSABILIZAZIONEComprendere e poi assumersi la propria parte di responsabilità chiedendo scusa per i propri sbagli. 

    Anche nei casi più estremi, a meno che non ci si trovi vittime di un sequestro di persona con minaccia alla propria vita, siamo co-partecipi con il nostro partner al 50% di quanto avviene nel nostro rapporto. Il fatto che alcuni comportamenti o errori siano più espliciti di altri non ci esime dal farci un esame di coscienza anche perché, come osservato in precedenza, alcuni dei comportamenti più distruttivi risiedono proprio nelle condotte passivo-aggressive. 

  • RICONOSCENZA: Ricordare le qualità positive dell’altro e ringraziare per ciò che di buono fa. 

    Cerchiamo di ricordare ciò che di buono l’altro ha fatto e fa per noi. Portiamo l’attenzione sul piano di realtà e sui dettagli e i gesti che nella quotidianità e nel tempo, da amorevoli attenzioni, forse abbiamo iniziato a considerare come gesti dovuti. 

  • SELF-COMFORT FISIOLOGICO: Prendersi momenti di pausa per fare qualcosa di rilassante e distraente. 

    Fuggire per mandare messaggi impliciti, per ferire, o per mettere in allarme l’altro e farsi riavvicinare con più veemenza avendo “prove d’amore” della durata di un paio di settimane in tutto, nel lungo termine, non darà alcun risultato. Cerchiamo piuttosto di procurarci dei piccoli momenti per noi con lo scopo di staccare un po’, rigenerarci, far quietare le nostre emozioni, per poi reinvestire le energie positive rigenerate nella nostra vita e nel nostro rapporto di coppia. Non serve iniziare a stare male per avere cura di sé. State sereni, se avere cura di sé ci permette di avere migliore cura dell’altro, è un sano egoismo. 

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Naturalmente non tutte le coppie sono nate per durare e, a volte, una terapia di coppia può anche servire per prendere atto di una non possibilità di poter andare avanti, soprattutto se tra i partner si sono create distanze che si ritengono più profonde e prioritarie rispetto a ciò che invece unisce. 

Rispetto a questo delicato argomento ho piacere di salutarvi invitandovi a una riflessione: “rompere una coppia” non vuol dire necessariamente divorziare o separarsi, per quanto questo sia l’esito ultimo osservato nelle ricerche. Credo sia importante ricordare che ci sono molti modi per non essere più una coppia pur restando insieme. Non credo per accorgercene sia necessario scoprire o riconoscere quale strategia abbiamo trovato per restare insieme senza restare partner: relazioni extraconiugali, maggior tempo passato fuori casa o con altre persone, investimento quasi totale delle proprie energie al di fuori della coppia (compreso sui figli), ecc. 

Credo che per accorgerci se qualcosa non va nella coppia basti semplicemente chiedersi: “Quanto spesso mi sento solo anche se stiamo insieme?”, ascoltare che emozioni e sensazioni si fanno strada dentro di noi e poi… fare al nostro partner la stessa domanda. 

Autore

Emanuele Botta

Psicologo clinico e Psicoterapeuta specializzato in analisi Transazionale Socio-cognitiva. Specializzato nel metodo scientifico di Paul Ekman di analisi del comportamento emotivo e di valutazione della credibilità presso la Paul Ekman International, applica l’analisi comportamentale in ambito clinico-terapeutico e aziendale per la gestione dei conflitti e l’analisi dei comportamenti nelle relazioni. Svolge attività formativa allo scopo di aumentare la consapevolezza personale e la capacità empatica, componenti essenziali per una società funzionale ed emotivamente intelligente.